L’innovazione, secondo l’autore, porta con sé un paradosso fondamentale: “più riesci con successo a creare innovazione, più devi continuare a innovare nel tempo, ma più difficile diventa il compito di innovare”.

Le aziende più innovative sono quelle che hanno maggior successo, e a causa di questo successo crescono di dimensioni (più vendite, più profitti, più dipendenti). Una volta cresciute, però, la loro dimensione diventa un freno alla rapidità di esecuzione dei processi aziendali, prevenendo di fatto la loro capacità di continuare ad innovare, e rinnovarsi nel tempo. In pratica, l’innovazione è la causa del successo aziendale iniziale e – allo stesso tempo – la base per la sua distruzione nel medio e lungo periodo.

Questa teoria non è nuova, è stata introdotta per la prima volta da Joseph Schumpeter, nel 1939. Negli anni recente però il concetto:

innovazione come prerogativa di startup e ad aziende di piccole dimensioni, mentre le grandi aziende non sono capaci di produrre innovazioni degne di nota

è andato sempre più crescendo.

Eppure, come sottolinea il prof. Pisano, esistono diversi casi che dimostrano l’esatto contrario:

  • quando nel 1964 IBM ha introdotto il System/360, che ha rivoluzionato l’industria informativa, l’azienda era già la prima produttrice di computer al mondo, con ricavi per oltre $15 miliardi (attuali).
  • (in tempi più recenti) quando la Apple ha lanciato l’iPhone (rivoluzionando il mercato dei cellulari) nel 2007, l’azienda aveva oltre trent’anni di esperienza e quasi $25 miliardi di ricavi.
  • quando Amazon nel 2004 ha introdotto i primi servizi in cloud (creando un nuovo mercato), nello stesso anno fatturava oltre $5 miliardi.

Questi non sono casi isolati, eppure lo studio dell’innovazione si concentra principalmente sulle aziende di piccole dimensioni: cosa succede invece nelle grandi aziende? L’obiettivo dello studio è quello di analizzare questo fenomeno.

Il libro si suddivide in tre parti:

  1. come creare una strategia dell’innovazione;
  2. come strutturare i sistemi dell’innovazione;
  3. come costruire una cultura dell’innovazione.

COME CREARE UNA STRATEGIA DELL’INNOVAZIONE

Nella prima parte del libro, il prof. Pisano analizza come costruire una strategia di gestione dell’innovazione. L’innovazione – per natura – comporta la necessità di eseguire diverse scelte complesse, caratterizzate da diversi trade-off per ogni iniziativa intrapresa. Ad esempio, le imprese farmaceutiche spesso si trovano nella condizione di avere diversi progetti su cui scegliere (o meno) di investire centinaia di milioni di Euro (o Dollari) per lo sviluppo dei test clinici di diverse molecole, che potenzialmente potranno portare a risultati economici solo a partire da dieci, o quindici anni più tardi. In condizione di scarsità di risorse, ogni scelta su quale progetto investire e quale progetto stoppare può portare a conseguenze estremamente positive o negative nel tempo.

In generale, le strategie per l’innovazione devono essere le più coerenti possibili con l’approccio strategico aziendale. La strategia aziendale, a sua volta, deve essere più chiara e semplice possibile per comunicare lo “spazio” destinato all’innovazione. Ad esempio, la strategia aziendale di southwest Airlines “offrire servizi di trasporto aereo low-cost tra città di medie dimensioni non servite da compagnia aerea e tradizionali” definisce chiaramente gli obiettivi e le modalità secondo cui l’azienda opera e attraverso le quali prende decisioni circa le attività innovative. Le dimensioni dell’innovazione in questo caso sono relative alle risorse utilizzate per il trasporto aereo – che devono essere a costi convenienti per gli utenti – alle rotte interessate e dalla competizione esistente nelle singole città.

Nonostante questo esempio, la maggioranza delle aziende intraprende iniziative innovative senza avere una chiara direzione degli obiettivi aziendali che vogliono perseguire, portando a risultati spesso non positivi.

Quali sono i principali tipi di innovazione?

Alcune innovazioni, come il telegrafo, la lampadina elettrica, la catena di montaggio e i semiconduttori hanno rivoluzionato interi settori e il nostro modo di vivere in maniera indelebile. Tuttavia innovazioni fondamentali di questo tipo rappresentano meno dell’1% del totale delle innovazioni generate nel mondo. Molte di queste innovazioni non hanno niente a che vedere con nuovi prodotti dal punto di vista tecnologico, ma riescono comunque a creare parecchio valore per le aziende e per i propri clienti.

Esistono due dimensioni secondo cui classificare le innovazioni:

  1. il grado di innovazione tecnologica
  2. l’impatto sul modello di business

Queste due dimensioni definiscono le quattro categorie principali innovazione che danno vita alla cosiddetta Innovation Landscape Map (vedi immagine in basso):

  • Innovazioni incrementali (o di routine), quando le aziende fanno riferimento a competenze tecniche esistenti che creano valore per il modello di business attuale;
  • Innovazioni radicali, che comportano la creazione di nuove competenze tecniche o tecnologiche sempre valorizzate dal modello di business attuale.
  • Innovazioni disruptive, che richiedono la riorganizzazione delle competenze tecniche esistenti attorno al nuovo modello di business;
  • Innovazioni architetturali (breakthrough), che richiedono all’azienda di sviluppare nuove competenze da veicolare in un nuovo modello di business.

La strategia di innovazione comporta la creazione di un portafoglio aziendale secondo cui allocare le risorse destinate ai progetti innovativi. I “recipienti” possibili sono tre:

  1. il budget destinato all’innovazione di tipo routinario o incrementale;
  2. la parte destinata a sperimentazioni relative a nuove tecnologie radicali o nuovi modelli di business; infine
  3. agli esperimenti per la creazione di innovazioni architetturali che comportano sia nuove tecnologie e nuovi modelli di business.

Non c’è una ricetta segreta per l’allocazione ottimale di queste risorse. Il portafoglio di Google per queste attività – ad esempio – è al 70% per le innovazioni incrementali, al 20% per quelle radicali o disruptive, e il 10% per le innovazioni breakthrough. Questo rapporto ha senso per la natura degli investimenti e dei settori presidiati da Google, ma è difficilmente adattabile ad altre realtà.

In aggiunta all’allocazione, per scegliere la propria direzione di innovazione le aziende devono saper rispondere a queste quattro domande:

  1. Quali sono i tassi di crescita attuali del mercato core dell’azienda?
  2. Quali sono i bisogni dei clienti che attualmente non sono soddisfatti?
  3. Quanto potenziale offre la tecnologia attuale per ulteriori sviluppi futuri?
  4. Dove si possono creare barriere all’imitazione?

Schematicamente si può affermare che:

L’Innovazione di tipo incrementale è l’opzione migliore nel caso in cui il mercato di riferimento mostri tassi di crescita positivi, con numerosi segmenti di mercato ancora da servire, la tecnologia sia lontana dallo sviluppo completo delle sue capacità e l’azienda sia in grado di creare barriere da potenziali imitazioni.

L’Innovazione di tipo tecnologico porta pochi vantaggi e sono presenti economie di scala relative a nuovi modelli di business che possono creare una barriera da potenziali imitazioni.

L’Innovazione di tipo radicale ha senso se i tassi di crescita del mercato permettono lo sviluppo di investimenti in nuove competenze tecnologiche, se i bisogni dei clienti non sono attualmente soddisfatti, se la curva di sviluppo tecnologico mostra segni di rallentamento e se la nuova tecnologia un nuovo modello di business sono di difficile imitazione.

L’Innovazione di tipo architetturale ha senso se i tassi di crescita nel mercato di riferimento sono in calo, se bisogni dei clienti sono soddisfatti e se i nuovi bisogni emergenti non possono essere presidiati con la tecnologia o il modello di business attuale.

Come innovare il modello di business?

Il modello di business comporta scelte relative alle seguenti dimensioni:

  1. le risorse utilizzate;
  2. i modelli per la creazione di valore;
  3. i modelli utilizzati per l’appropriazione di valore;
  4. la distribuzione di valore.

I cambiamenti relativi ad una o più di queste dimensioni rappresentano innovazioni del modello di business. Ad esempio:

  • Uber, utilizza risorse e metodi diversi per creare e distribuire valore rispetto ai taxi: non possiede automobili o personale per la gestione delle prenotazioni, ma mette in contatto domanda che offerta tramite un’app proprietaria. In aggiunta, il valore generato è circa il 20% del prezzo pagato dagli utenti per la singola corsa, mentre il restante viene distribuito agli autisti.
  • Netflix crea e cattura valore in maniera completamente diversa rispetto al più tradizionale Blockbuster: i ricavi del primo sono principalmente legati agli abbonamenti degli utenti su base mensile, mentre Blockbuster storicamente combinava i ricavi per il noleggio dei singoli film (e il pagamento delle late fee sulla restituzione degli stessi) con l’acquisto di snack e bevande nei punti vendita. Anche le risorse sono diverse: Netflix gestisce una piattaforma online, Blockbuster invece gestiva punti vendita fisici distribuiti in tutto il mondo.

COME STRUTTURARE I SISTEMI DELL’INNOVAZIONE

Nella seconda parte l’autore suggerisce diversi modi per creare un sistema innovativo efficace. I sistemi innovativi devono essere in grado di eseguire tre attività:

  1. ricercare nuovi problemi e nuove soluzioni relativi al proprio business;
  2. riuscire a sintetizzare diversi concetti e idee in un modello di business adeguato alle caratteristiche dell’azienda;
  3. selezionare le migliori opportunità e implementarle.

Per quanto riguarda la fase di ricerca, spesso le migliori idee e le migliori soluzioni si trovano molto lontane dai confini della propria azienda. Ad esempio, quando Honda ha deciso di entrare nel mercato dei jet privati, ha creato una nuova business unit dedicata in un hangar nel Nord Carolina, dove 20 ingegneri hanno potuto sperimentare con il design di un Jet radicalmente differente dagli aerei tradizionali. Dopo diversi mesi di sperimentazione, Honda ha lanciato il suo Jet con una caratteristica particolare, che l’ha reso unico nel suo genere – i motori montati al di sopra delle ali, invece che al di sotto di esse. Nonostante la forma peculiare, l’HondaJet ha la stessa stabilità di qualsiasi altro jet privato, e garantisce maggior spazio interno per i passeggeri.

Uno dei motivi per cui Honda è riuscita a realizzare un’innovazione così radicalmente differente rispetto al suo business tradizionale è dovuto alla scelta di spostare la propria attività ad oltre un continente di distanza dalla casa madre, per non esserne influenzata dalla cultura dominante.

Come espandere il perimetro dell’azienda per la ricerca di soluzioni innovative?

Secondo l’autore, esistono sei possibili opzioni:

  1. esporre i propri dipendenti a contaminazioni esterne, parlando con attori di settori diversi o partecipando ad eventi al di fuori del proprio mercato di riferimento;
  2. spostare persone al di fuori nel proprio luogo di lavoro;
  3. “contaminare” la propria forza lavoro, assumendo personale con background diverso da quello tradizionale dell’azienda;
  4. imparare tramite analogie, come creare la “Honda Civic dei jet privati”;
  5. mettere in discussione i dogmi e lo status quo del proprio settore;
  6. attraverso la sperimentazione continua.

Ampliare l’orizzonte di scelta favorisce la capacità dell’azienda di costruire competenze di sintesi delle migliori idee disponibili, e di creare organizzazioni “permeabili”, ovvero in grado di acquisire e trasferire informazioni da e verso l’esterno.

Come selezionare i migliori progetti innovativi?

Espandere il perimetro non è però sufficiente per garantire che l’azienda automaticamente selezioni i migliori progetti innovativi: gli strumenti di analisi finanziaria sono spesso poco indicati per valutare i progetti innovativi, in quanto questi ultimi presentano un alto grado di incertezza e di ambiguità. In questo scenario, il rischio di selezionare progetti “falsi positivi” (progetti promettenti che però col tempo si rivelano un fallimento) o “falsi negativi” (progetti che non mostrano dati iniziali promettenti, ma che col tempo si rivelano un successo) è concreto.

Secondo il prof. Pisano, per migliorare la probabilità di selezionare i migliori progetti, le aziende innovative dovrebbero utilizzare i dati di analisi come punto di partenza per sviluppare e testare ipotesi, sulle quali stimolare un dibattito – talvolta molto acceso – al fine di raggiungere una decisione condivisibile da tutti i soggetti coinvolti. Il dibattito e la critica, da molti poco apprezzati, sono fondamentali per testare la correttezza delle ipotesi presentate.

COME COSTRUIRE UNA CULTURA DELL’INNOVAZIONE

Nella parte finale, l’autore analizza l’aspetto culturale delle organizzazioni riconosciute come innovative. Anche in questo caso emerge un paradosso: le aziende innovative sono principalmente riconosciute per la loro capacità di tollerare il fallimento, per la spiccata propensione alla sperimentazione, dalla capacità di creare ambienti aziendali sereni, dalla forte propensione alla collaborazione e dall’organizzazione “orizzontale” della struttura gerarchica. Secondo questo punto di vista, tutte le aziende che fanno innovazione dovrebbero essere organizzate allo stesso modo. Perché ciò però non avviene? Il prof. Pisano identifica quello che descrive come il “lato oscuro dell’Innovazione”.

Le aziende innovative hanno una spiccata capacità di tollerare il fallimento di progetti ma – allo stesso modo – mostrano di non tollerare l’incompetenza: tutti i dipendenti di aziende innovative sono sottoposti a degli standard estremamente elevati di performance. Le stesse aziende mostrano grande propensione alla sperimentazione, ma in maniera estremamente disciplinata: tutti gli esperimenti devono essere focalizzati a validare o confutare ipotesi specifiche e definite a priori. Per quanto riguarda l’ambiente lavorativo, questo è considerato estremamente sicuro, ma anche incredibilmente diretto: ogni dipendente deve essere estremamente a suo agio sia nel criticare le idee di altri, che nel ricevere critiche alle sue idee. Allo spirito collaborativo fa da contraltare una fortissima predisposizione alla responsabilità individuale: tutti lavorano in team, ma ciascuno è responsabile della propria performance all’interno dello stesso. Infine, le organizzazioni sono gerarchicamente orizzontali, ma guidate da un forte senso di leadership interna per ogni singolo progetto.

In conclusione, se le grandi aziende vogliono creare una cultura dell’Innovazione all’interno della propria azienda, devono lavorare sulle seguenti dimensioni:

  1. la propensione alla velocità tipica delle startup,
  2. la predisposizione alla responsabilità individuale;
  3. la capacità di gestire situazioni con potenziali rischi e guadagni estremi.

Per replicare alla velocità, le grandi aziende devono ridurre drasticamente i tempi previsti per ogni progetto. questo avviene normalmente in situazioni di crisi, come l’avvento di Marchionne alla guida di FCA – che ha contribuito a dimezzare i tempi di lancio di un nuovo modello, da 36 a 18 mesi – ma non è una caratteristica preponderante delle grandi aziende. Le startup riescono a gestire intervalli così stringenti in quanto la continuità aziendale non è garantita, mentre nelle grandi aziende il fallimento – almeno nel breve periodo – non è così facilmente preventivabile.

Per replicare la predisposizione alla responsabilità personale verso i singoli progetti, è suggeribile organizzare tutte le attività innovative in progetti guidati da piccoli gruppi. L’esempio in questo caso è quello di Amazon, dove viene applicata la celebre “two pizza rule”: tutti i progetti devono essere gestiti da gruppi che possono essere sfamati con due pizze d’asporto. Se le due pizze non bastano, il gruppo è troppo grande. Se organizzati in piccoli gruppi, ai leader deve essere garantita totale autonomia: questi devono comportarsi, de facto, come degli amministratori delegati di quel progetto.

Infine, per replicare la propensione al rischio, è suggeribile la possibilità di vincolare il salario da un fisso mensile, convertendolo invece in una compensazione variabile, legata alla performance dei progetti su cui ogni individuo è coinvolto.

LE NOSTRE CONSIDERAZIONI

Libro del prof. Pisano offre numerosi spunti e strumenti per la gestione delle attività innovative dell’azienda. In primo luogo, sottolinea che esistono diverse dimensioni dell’Innovazione:

  1. tipologia;
  2. sistemi;
  3. cultura aziendale.

Tutti questi hanno un’influenza fondamentale sulla performance innovativa, e devono essere opportunamente presidiate.

Il libro fa diversi riferimenti a studi economici e aziendali, a partire dal modello schumpeteriano dell’Innovazione. Inoltre, l’autore cita molti esempi – non solo di società americane – di aziende con cui ha direttamente collaborato, in veste di consulente o advisor. I casi, di settori e aziende diverse, semplificano e arricchiscono la spiegazione dei concetti illustrati dal libro.

La mappa dell’Innovazione presentata nel primo capitolo offre una chiara visione delle varie tipologie di innovazione che le aziende possono adottare. Allo stesso modo, la ridistribuzione del budget e tre diversi contenitori affrontata sempre nello stesso capitolo semplifica incredibilmente la visione del finanziamento all’innovazione. Se le iniziative innovative sono chiaramente esplicitate e coerenti con la strategia aziendale, la decisione di come allocare le risorse all’interno delle singole tipologie dovrebbe essere quasi automatica. Per quanto emerge dal libro, le aziende piccole e grandi non affrontano l’innovazione allo stesso modo. Nonostante questo, la tesi supportata è che le piccole aziende non siano necessariamente più innovative, e che molte delle caratteristiche distintive di queste ultime possono essere adottate da imprese di tutte le dimensioni: “se piccolo è bello, grande non è necessariamente brutto”.

Per migliorare la propria capacità innovativa, le grandi aziende devono lavorare a fondo per creare sistemi e una cultura aziendale adeguata. Per questo motivo, spesso, sono necessarie scelte radicali: come la possibilità di riorganizzare le varie funzioni aziendali come delle “startup interne”, o la necessità di staccare geograficamente la parte deputata all’innovazione dell’azienda per evitare che questa venga (negativamente) influenzata dalla cultura aziendale esistente.

Queste scelte “radicali” devono essere però intraprese solo in determinate situazioni, come la minaccia concreta di nuovi prodotti e servizi che andranno a rimpiazzare i prodotti e servizi core della propria azienda nel breve periodo. In situazioni più stabili, l’autore suggerisce espandere i propri orizzonti per raccogliere idee da poter sviluppare prendendo spunto da mercati anche molto distanti dal proprio e controllare l’attività di nuovi entranti nel settore.

Personalmente, apprezzo molto l’attenzione che viene dedicata anche alle innovazioni di tipo incrementale, spesso poco considerate in altri testi di management. L’autore sottolinea che – in condizioni di stabilità – queste ultime sono le forme di innovazione che generano più valore nel tempo per l’azienda. Credo che il libro offra diversi spunti, di facile interpretazione e implementazione per professionisti di diversi settori che hanno a che fare con scelte relative all’innovazione della propria azienda.

IL LIBRO IN PILLOLE

  • L’innovazione, se non correttamente gestita, può rappresentare sia la causa del successo di un’azienda che la causa della propria distruzione nel tempo.
  • L’innovazione non è prerogativa delle sole startup, ma può essere intrapresa da aziende di tutte le dimensioni, anche molto grandi.
  • Esistono quattro tipi di innovazione, a seconda dell’impatto sulle competenze tecnologiche e sul business model attuale: di routine/incrementale, se è basata su competenze tecniche e business model esistenti; radicale, se è basata su nuove competenze tecniche attraverso il business model esistente; disruptive, se è basata su nuovi modelli di business per le competenze esistenti; e architetturale/breakthrough, se basata su nuove competenze e modelli di business.
  • Le risorse per l’innovazione devono essere distribuite nei tre seguenti contenitori: 1) innovazione incrementale; 2) sperimentazione radicale o disruptive; 3) esperimenti con modelli breakthrough. Non esiste una formula magica di allocazione delle risorse, questa varia da azienda ad azienda.
  • Diverse condizioni come il tasso di crescita del mercato, la curva di avanzamento tecnologico, la soddisfazione delle richieste dei clienti e la presenza o meno di barriere all’imitazione determinano quali tipologie di innovazione è meglio perseguire.
  • L’innovazione del modello di business avviene cambiando una – o più – delle seguenti attività: 1) risorse utilizzate; 2) modalità di creazione di valore; 3) modalità di appropriazione del valore e 4) modalità di distribuzione del valore nell’ecosistema.
  • Per creare un sistema efficiente di valutazione delle idee, le aziende devono: 1) ampliare i propri orizzonti di ricerca ben oltre il proprio mercato di riferimento; 2) essere in grado di sintetizzare idee esterne in progetti concreti per il proprio business; e 3) integrare le analisi quantitative con ipotesi da testare e un acceso dibattito, per evitare che l’azienda investa risorse in progetti “falsi positivi” o “falsi negativi”.
  • Per replicare i processi innovativi di una startup, le aziende devono presidiare la velocità di esecuzione, la distribuzione di responsabilità ai singoli individui e migliorare la predisposizione al rischio, vincolando i compensi dei singoli alla performance dei progetti innovativi.