Scritto da Federico Moretti
Il riassunto del libro
Se il tuo pensiero è “Smettila con le ca**ate e dimmi solo cosa devo fare”, allora sei nel posto giusto.
The Art of the Start è un libro pubblicato da Portfolio Penguin nel 2004. Una seconda edizione (“The Art of the Start 2.0”) è stata inoltre pubblicata nel 2015. L’autore, Guy Kawasaki, è un imprenditore e autore nippo-statunitense, autore di dieci volumi sull’innovazione e le startup. The Art of the Start è il suo ottavo libro.
Come ben dimostrato dalla citazione in apertura, l’obiettivo del libro è quello di facilitare la creazione di una startup. L’autore non perde tempo e spazio nel raccontare la storia dell’imprenditorialità, ma da subito – e per tutto il volume – riporta una vastissima serie di consigli “tattici” da applicare alla propria startup, in tutte le fase del ciclo di vita: dalla fondazione, all’organizzazione, all’operatività fino alla crescita (“causation”, “articulation”, “activation” e “proliferation”, rispettivamente).
Dalla creazione dell’azienda stessa, che deve essere qualcosa di significativo (“make meaning”), deve essere riassumibile in una semplice frase deve avere un posizionamento “polarizzante” (una parte di pubblico che ama i prodotti e servizi, e un’altra parte che li odia)
Allo stesso modo, il modello di business deve essere più specifico e di nicchia possibile, e deve avere una serie di milestone, ipotesi e azioni (“milestones, assumptions & task”) da testare sul campo.
Per quanto riguarda l’organizzazione, l’autore propone alcuni accorgimenti sulla scelta del nome dell’impresa: la lettera iniziale deve essere nelle prime lettere dell’alfabeto, è consigliato evitare i numeri, e scegliere un nome che possa essere facilmente trasformato in verbo, come “google”. La proposizione di valore deve essere più personale possibile e deve avere un “opposto” che abbia un senso compiuto. Nel caso questo non succedesse, la proposta di valore non ha senso o non è abbastanza specifica.
Kawasaki inoltre propone numerosi consigli sull’arte della presentazione ai potenziali investitori (“pitching”), anche in questo caso attraverso numerosi consigli pratici sul format della presentazione (“dieci slide, venti minuti, font da 30 punti”) e sui contenuti da presentare, come calcolare il valore di mercato di riferimento (“total addressable market”) e come migliorare la qualità della propria esposizione. Ulteriori consigli sono poi presentati per la stesura del business plan che – a detta dell’autore – dev’essere integrato dopo aver testato sul campo il pitch della propria azienda, e non viceversa.
Una volta definito il piano operativo, secondo Kawasaki, la startup deve operare per ridurre al minimo indispensabile tutte le spese relative al proprio modello di business (“bootstrapping”) e testare diverse ipotesi per raggiungere la combinazione ideale tra il prodotto/servizio e il mercato di riferimento. Un modo per fare questo è iniziare fornendo servizi di consulenza e intervistando i potenziali clienti, per poi sviluppare successivamente un prodotto/servizio in grado di risolvere i problemi di questi ultimi. Un consiglio per questa attività è quello di posizionarsi in contrapposizione all’offerta dei leader di mercato attuali. Così facendo si potrà attirare tutti i clienti insoddisfatti del mercato attuale. Altri consigli su questa attività prevedono la sistematica ottimizzazione dei processi produttivi, contenendo i numeri dello staff e ricorrendo – dove possibile – all’esternalizzazione delle attività.
Kawasaki offre anche spunti su come reperire le principali risorse dell’azienda – il team e il capitale – e soprattutto sugli errori da evitare in questa fase, come “assumere esperti”, che costano molto e di solito hanno una conoscenza vincolata dagli standard del mercato, e cosa non dire di fronte agli investitori, come “non abbiamo concorrenti”, “il nostro mercato è >50 miliardi di dollari”, e “abbiamo un first-mover advantage”.
Infine, l’autore conclude con ulteriori suggerimenti su come trovare dei partner adeguati, e gestire il rapporto con questi ultimi, e come sviluppare il brand della propria azienda (principalmente attraverso degli “evangelisti”, il ruolo ricoperto per anni dallo stesso Kawasaki per Apple).
Alcune considerazioni
Come promesso nell’introduzione, l’autore fornisce una serie quasi interminabile di consigli e accorgimenti tattici per tutte le attività lungo tutto il ciclo di vita di una startup. Ovviamente, data la quantità, alcuni risultano estremamente utili e rilevanti, altri invece sono principalmente suggerimenti dettati dal buon senso, che però spesso può venir meno nelle iniziative imprenditoriali. Il libro – se possibile in congiunzione con “Lean Analytics” – può essere utile a chiunque stia avviando (o desideri avviare) la propria startup.
Il libro in pillole
- Nelle fasi iniziali della vita di una startup, è meglio concentrarsi sulla capacità di creare prodotti e servizi di valore, piuttosto che sulla capacità di scalare le proprie attività.
- Lo storytelling è fondamentale per esporre la propria visione ai potenziali clienti e investitori e differenziarsi da tutte le altre startup.
- L’inesperienza, nel mondo delle startup, può essere una soluzione efficiente: gli esperti di un settore costano molto, conosco estremamente bene il mercato ma costano moltissimo: un team giovane ed inesperto, invece, costa molto meno e può generare idee radicali che normalmente un esperto di settore non riesce ad identificare.
- Il pitch è fondamentale per la sopravvivenza di una startup: una valida combinazione di visione, storytelling e il racconto di problemi concreti e personali identificabili dal pubblico migliorano la probabilità di successo.